lunedì 19 novembre 2012

UNA DONNA E L’INIZIO DELLA FEDE di Fabrizio Filiberti


Ogni nascita chiede una donna. Non solo, ovviamente. Ogni nascita, però, sgorga da un grembo.
La donna la percepisce e la fa crescere, la custodisce, la racconta e l’offre sapendo di non riuscire
a trasmettere quel segreto che attraversa il proprio corpo e che rimane indicibile e indeducibile agli
altri. Sospeso, in attesa di un “si” che lo riconosca. Non fa eccezione la nascita della fede cristiana.
È significativo che, nella vita di ciascuno, l’ingresso alla fede sia accompagnato soprattutto dalla
cura educativa della madre, come dalla maternità spirituale della comunità. Ci dice che non si
perviene alla fede da soli, che occorre essere introdotti, generati. Così avvenne per Paolo: dopo
la conversione, solo Anania lo può gradualmente far entrare ed accettare nella comunità, la quale
aveva buone ragioni per diffidare di quel giudeo invasato e violento. All’inizio c’è già la Chiesa
madre. La donna partecipa di un inizio ancora più originario, di una scoperta che è novità in sé, che
è svolta: solo da lì in poi quella donna sarà madre, per sempre.
Pensavo a questo nel cercare l’avvio per questo cammino che vorrei proporvi sul crinale della
fede. Avviso ai naviganti. Un crinale che non seguirà forse le attese. Non la ripetizione di una
formula, di un credo, quanto la narrazione di un itinerario che si farà credibile nello svolgersi
stesso. Parlando della fede cristiana e non solo della fede in Dio in senso ampio, il punto di svolta,
l’inizio, la nascita, il concepimento - anche nel senso del venire alla mente e al linguaggio - è
quanto avvenne un mattino di domenica, il primo giorno della settimana dopo il sabato. “Maria
Maddalena viene di buon mattino al sepolcro, mentre era ancora buio e vede la pietra rimossa
dal sepolcro. Corre allora e va da Simone Pietro e dall’altro discepolo che Gesù amava e dice
loro: <Hanno portato via il Signore e non sappiamo dove l’abbiano posto>” (Gv 20,1-2). Sebbene
dai racconti dei vangeli sinottici (Mt, Mc, Lc) si desuma che vi siano state più donne a recarsi
al sepolcro, le incertezze narrative delle tradizioni lasciano dubbi sul reale svolgimento dei fatti:
appare plausibile che Maria di Magdala sia andata là a piangere Gesù. Significativamente, Paolo
in 1Cor 15, nel ricordare le apparizioni ai molti, non farà menzione alcuna di lei e delle altre.
Rimozione? Dimenticanza? Non ne era informato? Invece, in quella silloge di apparizioni che è
la seconda finale del vangelo di Marco (16,9-16) compare un’apparizione alla sola Maddalena.
Potrebbe verosimilmente essere lei la donna, il grembo dal quale nasce il primo annuncio della
risurrezione di Gesù. Le sue parole dovettero segnare per sempre la svolta nel tempo e nella storia.
Davanti al sepolcro vuoto non c’è alcuna suggestione di fede: c’è lo sconcerto per un presunto
furto. Il dramma di un perdita ulteriore, di un impossibile ritrovamento. Amore e dolore. Giovanni
fotografa il bisogno di devozione umana, la necessità di rielaborare il lutto. Questa esigenza
s’immerge nei racconti evangelici in una serie di annotazioni non tanto cronachistiche, quanto
simboliche, teologiche: l’ora del giorno (alba o ancora buio), la presenza di messaggeri, la reazione
dei presenti, l’incertezza delle reazioni: Luca annota chiaramente che alla parola di Maria e delle
altre, gli uomini reagirono prendendole come “vaneggiamenti” e non credendovi. A onor del vero,
Pietro ha dubbi, corre al sepolcro – sia in Luca che in Giovanni – vede le bende distese.
Maria di Magdala, dunque, girandosi, ad un tratto, senza riconoscerlo immediatamente, vive per
prima l’esperienza di Gesù risorto (vv. 11-18). A lei, piangente e china verso il sepolcro, Gesù
oppone una domanda quasi inopportuna “Donna, perché piangi?”; e aggiunge: “Chi cerchi?” (v.
15). Nella simbolica dei vangeli “cercare Gesù” costituisce la trama di ogni esperienza: non solo
fisica, ma esistenziale. Lo si cerca per stare con lui, per esserne discepoli. L’accostamento delle due
domande appare, quindi, non casuale: la seconda vorrebbe essere non solo rafforzativa della prima
(piango perché non trovo più Gesù lì dove pensavo fosse il suo cadavere), ma risolutiva: la ricerca
di Gesù è terminata perché avendo vinto la definitiva lontananza della morte, egli si fa trovare per
sempre. Luca 24,5 dice la stessa cosa mettendo in bocca all’angelo: “Perché cercate il Vivente tra i
morti?”. Del resto, non è così chiaro né deducibile: Maria vede davanti a sé un uomo, certo, ma
pensa sia l’ortolano e lo accusa di aver spostato il corpo. È ancora troppo donna per riconoscersi
pienamente discepola, vive la mancanza di un passato cessato più che la pienezza di una speranza

attiva. Ancora una volta: non è chiaro né facile ipotizzare le ragioni di tale speranza. “Si voltò
indietro, e vede Gesù che stava lì, ma non sapeva che era Gesù” (v. 14). Tralasciando le
speculazioni sul “corpo glorioso” diverso da quello “carnale”, l’annotazione basta a segnalare – sul
piano del significato e non della cronaca, come avviene sempre nei racconti di apparizione -, il fatto
che ci sono cose che si faticano a riconoscere, che magari non si vogliono riconoscere come tali.
Qui, è la fatica certo di un evento insospettabile, direi addirittura rivoluzionario, nel senso proprio
di un totale sovvertimento delle nostre esperienze comuni. Chi cerca un cadavere, non s’aspetta di
vedere un vivente. Escludiamo il gossip di un fantasma, di uno spirito; andrebbe esclusa anche la
proiezione psicologica che, in sede critica, viene richiamata per “spiegare” i racconti di apparizione.
La narrazione – cui per ora ci atteniamo - si qualifica per un incontro riacceso dalle parole di
Gesù: “Maria!” e dal riconoscimento immediato di lei “Rabbuni!”. Maria qui ritrova il suo maestro:
la “donna” ritorna ad essere la “discepola”, colei che sulle strade di Galilea ha cercato e ha trovato,
ed oggi riattiva un’esperienza che pareva finita. L’urgenza però non è trattenersi in questa
condizione. Nell’incontro vi è connessione e passaggio tra due tempi e due dimensioni, tra un
ritorno ed una andata, che – si potrebbe dire – non è possibile propriamente “abbracciare”! Gesù
deve salire al Padre come Maria deve andare dai fratelli e farsi annunciatrice “Ho visto il Signore”.
Maria è l’anghellusa, l’annunciante. La Maddalena è madre della fede. La fede cristiana nasce da
questo parto: da un annuncio donato che, nella storia, può essere accolto o rigettato, riconosciuto o
disconosciuto. Tertium non datur.

Fabrizio Filiberti

Nessun commento:

Posta un commento